ERCOLANOMIGLIO D'OROVESUVIANO

I tesori della Villa dei Papiri a Ercolano

villa-dei-papiri

Gli scavi dell’antica città di Herculaneum sono celebri in tutto il mondo in quanto incredibile testimonianza di una storia da leggere attraverso un antico tessuto urbano che la lava vesuviana ha distrutto e poi conservato per secoli.  

Ma c’è un luogo nei pressi degli stessi scavi, che ha assunto un valore a sé stante ed una notorietà internazionale davvero unica, è la Villa dei Papiri, una delle più sontuose dimore di epoca romana mai esplorate. 

Posizionata a circa 30 metri in profondità rispetto al livello attuale del suolo, è una delle più sorprendenti scoperte nell’ambito dell’avventura esplorativa nell’antica Herculaneum del Regno borbonico di Napoli, all’epoca impresa assolutamente nuova e che, tra scintillanti luci e oscure ombre, l’allora giovane Regno riuscì a compiere. 

La villa dei Papiri fu scoperta nel 1750 ed in quell’anno se ne cominciarono gli scavi, protrattisi molto a lungo, praticamente fino ad oggi. Il complesso sistema di pozzi per la discesa e per l’aerazione e di cunicoli sotterranei, fu dapprima gestito dallo spagnolo Rocco Gioacchino Alcubierre e, successivamente dall’ingegnere svizzero Karl Weber. Quest’ultimo completò anche una prima pianta nel 1751 e successivamente un’altra, datata 20 luglio 1754, recante precise indicazioni circa sculture e reperti rinvenuti, ambienti esplorati, cunicoli realizzati. 

villa dei papiri
Villa dei Papiri

La villa, costruita tra il l 60 ed il 50 a.C, fu battezzata dapprima come Villa dei Pisoni, dal nome di quello che molto probabilmente fu il proprietario, ovvero Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, facoltoso personaggio di grande cultura nonché suocero di Giulio Cesare. Sorgeva a strapiombo sul mare davanti al panorama del golfo di Napoli e si estendeva per circa 250 metri, innalzandosi altresì per tre piani con una ricchezza di ornamenti, di affreschi che restituivano quasi fedelmente lo splendore della villa. L’ingresso ricalcava quello di Villa dei Misteri a Pompei, con un portico dotato di colonne e di una pavimentazione a mosaico. Nella villa, sin dai primi scavi borbonici, sono state rinvenute numerose statue marmoree e di bronzo tra le quali si distinguono un Satiro Ebbro ed un Hermes in riposo, conservate insieme a diverse altre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.  

La villa prende ad essere conosciuta universalmente come Villa dei Papiri quando, nell’ottobre del 1752, dagli scavi in corso emergono circa 1800 rotoli di papiri carbonizzati  custoditi in alcune casse ed avvolti in una sorta di custodie di legno. Una scoperta epocale, immensa; l’unica biblioteca che dall’antichità sfidai secoli giungendo fino all’era contemporanea. Un “prodigio” reso possibile dalla lava stessa che ha custodito nel suo ventre questo tesoro inestimabile.  

I papiri ercolanesi, oggi conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli e studiati continuamente presso la sezione speciale Officina dei Papiri Ercolanesi, sono per lo più in greco e testimoniano la predilezione del proprietario della villa per la filosofia epicurea e per il filosofo Filodemo di Gadara, suo protetto. 

Ma cosa ha fatto sì che i papiri giungessero sino a noi carbonizzati?

L’intenso calore scaturito dal potente flusso di materiale magmatico e di gas ad alte temperature, conseguenza dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C, produsse un surriscaldamento molto intenso in un lasso di tempo davvero breve ed in un ambiente povero di ossigeno, provocando pertanto l’effetto suddetto. I rotoli, così carbonizzati, furono poi ricoperti e praticamente protetti dalla roccia lavica, che ha ricoperto la villa anche successivamente al 79 d.C. ed in particolar modo durante l’eruzione del Vesuvio del 1631. 

La fragilità dei rotoli ha fatto sì che molti andassero perduti, soprattutto nelle prime fasi del loro ritrovamento ed a causa della totale inesperienza nel maneggiarli dovuta alla novità assoluta rappresentata da quel tipo di scavi e da quel genere di ritrovamenti.  

Proprio le problematiche connesse allo srotolamento dei fragili papiri hanno, dalla scoperta sino ad oggi praticamente, mobilitato studiosi ed esperti vari. Un primo, ingegnoso, sistema, fu messo a punto alla fine del Settecento dall’abate Piaggio che costruì una speciale macchina, una sorta di telaio, per lo srotolamento, ancora oggi conservata presso il museo della Reggia di Portici. Dopo lo srotolamento, i testi divenivano visibili ed erano rapidamente copiati prima che l’inchiostro originale a contatto con l’aria svanisse, per essere esaminati poi nel loro contenuto. 

Ma la storia dei papiri ha conosciuto anche diversi insuccessi nel tentativo di approntare nuovi sistemi di srotolamento. E’ il caso del tentativo del 1816 di Molard e Rochette che, tentando di svolgere un papiro con una macchina simile a quella del Piaggio, lo distrussero completamente senza decifrarne il testo. É il caso anche del tentativo fatto nel 1877 da esperti del Museo del Louvre che, ricevuto un papiro, ne tentarono lo srotolamento con un nuovo strumento. Anche in questo caso il risultato fu fallimentare ed il rotolo fu distrutto quasi del tutto. Tutto ciò testimonia le grandi difficoltà nelle operazioni relative allo srotolamento ed allo studio di questi reperti unici e alquanto fragili.  

La vicenda dei papiri ercolanesi ha conosciuto poi un peculiare aspetto connesso alla diplomazia internazionale. Nel 1802 re Ferdinando IV di Napoli offrì sei rotoli a Napoleone Bonaparte in segno di apertura diplomatica. Napoleone ricevette i preziosi papiri nel 1803 per consegnarli poi all’Institut de France. Anche il re d’Inghilterra Giorgio IV, nel 1810, ricevette in dono 18 papiri srotolati in segno di amicizia, quasi tutti conservati oggi presso la famosa British Library di Londra.  

Dal 1969 un nuovo impulso agli scavi, che si erano fermati dal 1765 anche a causa delle problematiche connesse alle esalazioni di zolfo nei cunicoli (cosiddette mofete), ed allo studio dei papiri, si ha con la fondazione del Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi che, con l’obiettivo dichiarato di riprendere gli scavi della Villa dei Papiri e di promuovere il rinnovamento degli studi dei testi ercolanesi, comincia ad utilizzare per lo srotolamento il metodo cosiddetto “Oslo”, in base al quale si andava a lavorare sulla separazione di singoli strati di papiro. In anni più recenti con i progressi scientifici sempre nuove tecnologie e tecniche all’avanguardia sono state applicate allo studio dei papiri ercolanesi, a testimonianza di un interesse sempre vivo della comunità scientifica e culturale mondiale rispetto a questo tesoro inestimabile di Ercolano, dell’area vesuviana e del mondo intero, arrivato a noi proprio in virtù delle condizioni peculiari createsi all’indomani dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Un patrimonio che offre una finestra, unica al mondo, per studiare le influenze culturali e le letture di quell’epoca. 

Per quanto concerne lo scavo della villa i lavori riprendono nel 1980, anno in cui viene rilocalizzata seguendo le antiche piante di epoca borbonica redatte dal Weber. Le operazioni di scavo a cielo aperto riprendono poi nel 1985 e proseguono con le campagne di scavo del 1996 – 1998 e con l’operazione che, dal 2002, inizia a mantenere costante la temperatura e l’umidità nella parte esplorata della villa che continua ad essere al centro delle attenzioni e dei lavori di scavo a cielo aperto. 

Getty Villa – Malibù

Il fascino di questa villa, della sua storia, dei tesori che ha conservato per secoli e restituito, del suo splendore, indussero il petroliere americano Paul Getty a costruire la Getty Villa a Malibu in California, ispirandosi proprio alla Villa dei Papiri. La Getty Villa, aperta al pubblico nel 1974 e destinata all’esposizione delle opere d’arte di Getty, ospita oggi una collezione strepitosa per quantità e qualità, di opere d’arte etrusche, greche e romane. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *