Pompei può definirsi senza ombra di dubbio tra le città antiche protagoniste della cultura e della civiltà dell’area vesuviana, di cui fin dalla sua fondazione determinò l’impulso e la crescita economica.
Quando infatti nell’80 a. C. divenne colonia romana, questa antica citta’ si sviluppò in maniera rapida sia da un punto di vista urbanistico che economico. Essa si caratterizzò per il grande impulso nei commerci e più in generale negli scambi di beni grazie soprattutto alla fertilità del terra vulcanica nella quale “insisteva” e alla sua risaputa vantaggiosa posizione geografica, che la vedeva collocata in un’area fortemente strategica al centro del Golfo e praticamente sulla foce del fiume Sarno.
Dal canto suo il porto di fatto rappresentava una fonte di approvvigionamento e scambio che garantiva grande benessere a tutta la città, agevolando le esportazioni di prodotti di ogni genere, da quelli alimentari, tessili, fino ad includere cosmetici e molto altro.
Il centro urbano era caratterizzato dalla presenza di attività economiche di ogni genere dislocate soprattutto lungo via dell’Abbondanza che costituiva la pricipale arteria della città, denominata così per il rilievo rappresentante una cornucopia ( simbolo di abbondanza) rinvenuto su una fontana situata nelle vicinanze del Foro.
Le testimonianze costituite dalle iscrizioni, affreschi e alle insegne, hanno reso possibile risalire ai nomi dei titolari e gestori delle attività commerciali disseminate in tutta la città. Tra i più noti si ricordano ad esempio, i termopoli di Vetutius Placidus ed Asellina e la fullonica di Sthephanus.
Le diverse categorie professionali erano solitamente riunite nelle cosiddette corporazioni le quali, soprattutto durante i periodi elettorali, assumevano un peso rilevante nella politica e nell’amministrazione di questa antica città.
I mestieri maggiomente diffusi erano quelli che si espletavano all’interno di laboratori e stabilimenti manifatturieri.
Erano davvero tanti!
Vi erano panettieri (pistores), lavandai (fullones), numerose taverne (thermopolii), ed il fiore all’ occhiello dell’ ecinomia e del commercio cittadino, ossia le officine conciare e tessili(officinae coriarorium).
Non mancavano i commercianti ambulanti o coloro che gestivano una bottega come i fruttivendoli (pomarii). Seguivano gli osti con le loro affollate (gia’ a quel tempo) osterie (cauponae) nelle quali i viandanti avevano anche la possibilita’ di alloggiare. Ed ancora barbieri (tonsor), fabbri (faber), falegnami (lignarius), marmisti (marmorarius) ed artigiani in genere come gli orefici (aurifex), i mosaicisti (museiarii) ed i pittori (pictores).
Ma le corporazioni più potenti ed influenti erano costituite dai facchini (saccarii), dai vignaioli (vindemiatores) e dai carrettieri (cisiarii).
E’ risaputo come Pompei attirasse migliaia di visitatori che ivi si recavano per assistere a spettacoli di ogni genere e a tal proposito va ricordato uno dei mestieri maggiormente remunerati, lo “scriptor”.
Si trattava di una figura che si occupava di dipingere sui muri a chiare lettere di color bianco, rosso o nero i manifesti che pubblicizzavano appunto spettacoli ma anche vendite, locazioni, e non ultima la propaganda elettorale.
Anche nel campo della tecnica agraria vi erano delle vere e proprie eccellenze.
Molto diffusa ed importante era la fugura dell’agrimensor, un tecnico altamente specializzato, capace di suddividere e misurare i terreni grazie all’utilizzo di teodoliti. Di fatto può esser considerato l’antenato dei moderni geometri.
Non va dimenticato, infine, il “mestiere più antico del mondo”.
Famose sono infatti le Lupae, che praticavano sotto la protezione dei “Lenones” nei cosidetti Lupanar .