“Scusate il ritardo” è molto probabilmente uno dei film di Massimo Troisi che è stato maggiormente apprezzato dalla critica.
Con Scusate il ritardo assistiamo ad un capolavoro cinematografico che vede per la seconda volta Troisi nella duplice veste di attore e regista.
Siamo nel 1983 e sono trascorsi quasi due anni dall’uscita del suo primo film, l’ indimenticabile “Ricomincio da tre”. Dopo l’enorme successo di questa pellicola, il pubblico e la critica attendevano che nel giro di brevissimo tempo, uscisse un secondo film dell’artista nato alle falde del Vesuvio, cosa che invece non accadde subito: così è spiegato il titolo di questa seconda pellicola, per l’appunto “Scusate il ritardo”.
Probabilmente “Scusate il ritardo” è entrato di diritto nella storia della cinematografia italiana, perché in esso sono contenute le battute ed i “concetti” più divertenti che meglio rispecchiano l’arte di Troisi e che ne riflettono l’ironia, l’esser antieroe dei suoi personaggi, il suo essere dissacrante.
Eccole le frasi famose e le scene battute di “Scusate il ritardo” che noi non dimenticheremo.
“Cinquanta giorni da orsacchiotto”
L’amico Tonino minacciando di suicidarsi per una delusione d’ amore si pone delle domande, alle quali risponde Vincenzo (Troisi) con una delle battute più famose e “salomoniche” del film:
Tonino: “Meglio un giorno da leone? Meglio cento giorni da pecora? Meglio un giorno da leone!!!”.
Vincenzo: “Tonì, che ne saccio io d’ ‘a pècura o d’ ‘o lione? Fa’ cinquanta juórne da orsacchiotto! Almeno staie miez he, nun faie a figura e merda della pecora e nemmeno o lione che campa nu iuorno “.
“Il regalo del televisore alla mamma”
Vincenzo (Troisi) e sua sorella Patrizia hanno deciso di regalare un televisore alla loro madre per il suo compleanno. Necessitano però della partecipazione di Alfredo, il fratello maggiore e benestante, per mettere insieme la somma necessaria.
E qui arriviami ad una delle battute di Troisi più celebri, e non solo di “Scusate il ritardo”:
Vincenzo: Senti Alfredo, cioè, nuje avimme pensato, tutte quante nuje, i figli, tutte quante accussì, avimme pensato, poiché venerdì è o’ compleanno e’ mammà, no? Non lo so, ce vulévemo fa’ nu regalo, tutte quante insieme, no? E niente, avimmo penzato e’ ‘nce fà ‘a televisione, sta sempre annanz’ a televisione, però tene chille colori ca… a televisione fa ‘nu poco… e niente, avimmo penzato e ‘nce fà tutte quante nuje, Patrizia e tutte cose, insieme mettévemo 5.000 lire io, 5.000 lire Patrizia e ‘nu milione e due tu.
“Il miracolo della Madonna che piange”
Il parroco venuto a benedire la casa della famiglia di Vincenzo (Troisi), ricorda alla mamma la data del pellegrinaggio presso una effigie lignea della Madonna, famosa perché avrebbe pianto.
Vincenzo sembra non intenzionato ad accompagnare la mamma, giustificandosi così:
Vincenzo: “No padre, cioè l’ho detto già, non è per cattiveria che non voglio venì, è nu periodo che proprio non…loro lo sanno. Mi sento abbattuto, triste, non lo so, nun c’ha facc a vedé altra gente che piange, veramente…
Don Pietro: “Come gente? A’ Madonna che è, gente?”
Vincenzo: “No, che c’entra, mica voglio dire che la Madonna è…nun c’ha facc, è nu fatt mio, cioè so’ io che sto così, e voglio vede’ gente nu pocu cchiù…ca se fa… Sinceramente, se rideva ci venivo”.
Don Pietro: “Sì, la Madonna rideva!!
Vincenzo: Perché? Sempre miracolo è. Cioè na statua o ride o piange è nu miracolo. Però non lo so, pare che… uno che va a vere’ te miette… Non lo so, secondo me era meglio pure per voi, perché accussì o professore e’ Napoli s’aveva sta’ sulu zitto, perché il legno può trasudare mica può ridere. Si è mai visto un albero o una sedia che per improvviso cambiamento di temperatura “Ahahah”, l’albero cca seggia “Hai visto? È cambiato il tempo” No, perché è impossibile”.