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“Vesvinum”, alle origini della vocazione vinicola del territorio vesuviano

La vita, l’economia e la società dell’area alle falde del Vesuvio in epoca romana, ruotavano anche intorno al vino. Il dio Bacco è protagonista di diverse testimonianze a Pompei ed in quello che era il territorio dell’ager pompeianus dove le ville rustiche erano strutturate anche per la produzione della tanto decantata bevanda, da Somma a Boscoreale, da Terzigno alla zona di Ottajano.
É proprio il dio Bacco, in un famosissimo affresco ritrovato presso la Casa del Centenario a Pompei ed oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli, che lo raffigura trasformato in grappolo d’uva che versa il vino alla pantera, suo animale prediletto, ad essere al centro di quella che può considerarsi la più antica rappresentazione pittorica del Vesuvio pre 79 d.C.
Testimonianza del gran conto in cui era tenuta la divinità del vino e della vendemmia a riprova della centralità dell’elemento vino nell’economia e nella società pompeiana.

Non a caso su un graffito di un muro dell’antica Pompei si legge:
“Avete, utres sumus” (trad: Salute! Noi beviamo come otri)

A Pompei si è potuta rilevare l’esistenza di una vera e propria economia del vino fatta di un ampio consumo interno e di esportazioni molto organizzate. Il Vesvinum o Vesuvinum, nome desunto da numerose anfore ritrovate, era un vero e proprio “marchio”, antesignana denominazione di un vino riconoscibile dall’origine per caratteristiche e proprietà.

Esso assumeva poi i caratteri e la denominazione specifica a seconda del produttore: Lucretianum, Faustianum, Propertianum, Tironianum, Curtianum, Fabianum. Le case vinicole già allora attribuivano al Vesvinum di propria produzione il “marchio”: tutto ciò denota la grande rilevanza all’interno del tessuto socio economico del settore vinicolo ed il peso commerciale acquisito da alcune grandi famiglie che avevano intrapreso nel settore.

vino vesuviano

Illuminante, al fine di comprendere meglio la portata dell’economia del vino nell’antico Impero Romano di cui Pompei e l’agro vesuviano erano parte integrante, la grottesca figura di Trimalcione, personaggio del celebre Satyricon di Petronio Arbitro: lo scrittore traccia il profilo di un liberto arricchitosi anche grazie agli investimenti nel settore vinicolo e ci aiuta a comprendere in modo alquanto chiaro la portata che l’economia basata sul vino aveva anche nell’area vesuviana. Trimalcione racconta “Costruii cinque navi, le caricai di vino, era oro in quei tempi, le spedii a Roma. Tutte le navi naufragarono: nemmeno l’avessi fatto apposta. Credete che mi sia arreso? Feci costruire altre navi, più grandi e più solide […] le caricai un’altra volta di vino, di lardo, di fave e di schiavi…con un viaggio guadagnai tondi tondi 10 milioni di sesterzi”.

Anfore provenienti da Pompei e da tutto l’ager pompeianus sono state ritrovate, riconoscibili dai simboli e dai nomi degli esportatori, in Spagna, Francia, Germania, Corsica, Inghilterra, Nord Africa. Importanti famiglie di Pompei conducevano fiorenti commerci nel settore vinicolo, come ad esempio la famiglia dei Vettii, proprietari di vigneti in tutta l’area alle falde del Vesuvio. Vigneti che si estendevano, scenografici, lungo le pendici del vulcano e che accoglievano diverse specie di vite: dalla pregiata, grazie al suo carattere resistente, aminnea gemina minor, alla murgentina importata dalla Sicilia, dalla vennucola alla holconia, dalla caulina alla rebellica. I vini erano di buona qualità e, nel tempo, erano riusciti, se non a soppiantare, a conquistare mercato a discapito del vino di Sorrento. A confermare l’esistenza di vere e proprie imprese dedite, tra le varie attività, alla vinificazione lungo tutta l’area al di fuori dei confini cittadini dell’antica Pompei vi sono poi i ritrovamenti delle ville di epoca romana a Terzigno, negli ultimi tempi oggetto di una opportuna riscoperta e di nuove prospettive di valorizzazione. Il lavoro, infaticabile e brillante della Dottoressa Ciciretti e del suo team ha portato alla luce anfore di dimensioni tali da far pensare, con ogni probabilità, che tali ville fossero centro di una produzione di vino vesuviano molto importante. Anche a Boscoreale la struttura delle ville ritrovate e diversi reperti portano alle stesse conclusioni.

vino vesuviano

Accanto alla produzione del vino vesuviano si sviluppavano poi una serie di produzioni accessorie: basti pensare all’industria ceramica che doveva fornire le anfore per l’esportazione e tutti gli accessori necessari al consumo, ingente, cittadino.

Elemento conviviale e perno di una fiorente economia, il Vesvinum era uno dei veri protagonisti della vita alle falde del Vesuvio in epoca romana quando, nel periodo antecedente l’eruzione del 79 d.C., la sua celebrità superava senza dubbio quella del vulcano stesso.

Il bagaglio della plurisecolare esperienza e di un know-how radicato e solido, costituisce la base del successo odierno del settore vinicolo alle falde del Vesuvio. Un settore che conosce oggi una crescita esponenziale, responsabile e sempre più cosciente delle proprie potenzialità e del proprio ruolo centrale nell’ambito delle strategie di promozione e valorizzazione del territorio, frutto del felice intreccio tra caratteristiche geofisiche del territorio, clima peculiare e sapienza, tradizionale ma in costante evoluzione, degli operatori vesuviani del settore.

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